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Giugno 1915 - Inizio delle operazioni belliche

mar 03 mar 15

A partire dal 23 maggio 1915, giorno di dichiarazione di guerra italiana all’Austria-Ungheria, ebbero inizio le operazioni belliche lungo quello che fu definito il “fronte italiano”, e che avrebbe compreso l'insieme delle operazioni belliche combattute tra il Regno d’Italia e i suoi Alleati (Francia, Gran Bretagna e Impero Russo) contro le armate di Austria-Ungheria e Germania, lungo tutto il confine dell’Italia nord-orientale, in un settore che iniziava dal confine con la Svizzera e raggiungeva le rive settentrionali del Golfo di Venezia, passando attraverso le frontiere alpine e il corso del fiume Isonzo. 
Dopo un mese dall'inizio ufficiale della guerra, il 23 giugno 1915 il generale Cadorna lanciò la prima grande offensiva sul fronte dell'Isonzo, ribattezzata Prima Battaglia dell'Isonzo. Gli obiettivi erano diversi: la Seconda Armata avrebbe dovuto raggiungere il Monte Mrzli, il paesino di Plava e rafforzare le proprie posizioni a nord di Gorizia, mentre la Terza Armata avrebbe dovuto avanzare tra Sagrado e Monfalcone.
L’esercito italiano aveva una netta superiorità numerica, un rapporto di 2 a 1, ma gli austriaci avevano nella conformazione del territorio l’alleato migliore, infatti riuscirono a trincerarsi e stabilire posizioni difensive in tutti i punti strategici. In più gli austriaci disponevano di armi migliori e una preparazione nettamente superiore a quella dell’esercito italiano.
La prima azione venne intrapresa nella zona di Plava, dove si cercò invano di conquistare Quota 383, ma l'inadeguatezza della potenza di fuoco italiana contro quella austriaca era palese. Stessa sorte più a nord, sul Monte Mrzli, dove dal 1° luglio le truppe italiane cercarono di allontanare i soldati asburgici senza alcun risultato. Alle difficoltà logistiche si aggiunse anche la forte pioggia che aveva trasformato le colline in lunghe distese di fango. L'unico settore in cui le operazioni ottennero qualche risultato fu nella zona di Sagrado, dove il cannoneggiamento italiano, iniziato il 23 giugno, costrinse gli austro-ungarici ad arretrare fino alla linea del Monte Sei Busi e del Monte San Michele. Al contrario, nel settore meridionale di Monfalcone, gli attacchi sul Monte Cosich e sulle Quote 85 e 121 fallirono procurando gravi perdite. Dopo un incontro avvenuto il 2 luglio a Cervignano tra Cadorna ed il generale a capo della Terza Armata, Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, furono inviati alcuni rinforzi che però non sortirono alcun cambiamento. Nei giorni seguenti gli scontri scemarono, ed il 7 luglio 1915 la battaglia si dichiarò conclusa senza nessun risultato significativo, se non quello di aver procurato 15.000 perdite fra file italiane ed oltre 10.000 fra quelle austriache. 
Le vicissitudini di quei giorni si possono rivivere attraverso le cronache di Augusto Aglietti, militare, 125º reggimento fanteria, brigata Spezia, caporalmaggiore (aiutante di sanità), originario di Ramazzano (PG), la cui testimonianza ci giunge dall’archivio diaristico nazionale, il quale racconta del 12 giugno 1915, quando l’offensiva deve ancora iniziare ma già italiani e austriaci lungo il fiume si sparano e si uccidono:
«Il 37° e 38° Fanteria avanzavano nel monte di rimpetto a noi, le pallottole del fuoco nemico venivano tutte [inviperite] a fischiare vicino a noi, e una barbaramente tolse la vita di un mio compagno che mi resterà molto caro, che tutt'ora è impresso nella mia mente. Il fiume Isonzo restava a qualche centinaio di metri, nella collina davanti dove combattevano dalla mattina all'alba fino alla sera, si sentivano quei poverini feriti che da ore si trovavano feriti e che nessuno gli dava un soccorso, si trovavano stesi al suolo nel campo di battaglia ancora sotto il fuoco nemico. Si lagnavano chiedevano soccorso, chiamavano la mamma, ma nessuno gli rispondeva; questo fu il primo giorno di terrore, di spavento, e senza volerlo ci sentiamo cascare le lacrime dagli occhi. Nella sera nell'imbrunire, cominciò lo sfilamento dei feriti: ambulanze tirate dai cavalli, automobili e quelli leggeri venivano a piedi, fu un continuo per tutta la notte, tutto il giorno dopo 
Oppure quando lo stesso Aglietti, riferendosi al 27 giugno 1915, racconta di una marcia per raggiungere le retrovie dopo un turno trascorso in prima linea:
«Si percorreva una strada mulattiera tutta in salita ripidissima, sassosa, si scivolava molto ché da vari giorni pioveva, stanchi e molti indeboliti per l'enormi fatiche, e la misera vita, mangiando sempre pane secco con qualche po' di carne lessa da qualche giorno cotta, con un po' di riso, la portavano dentro un sacco che ci si attaccavano tanti di quei peli di sacco, bevendo l'acqua dell'Isonzo, dove frequentemente passavano cavalli e soldati morti, si arrivò al detto monte alle 5 del mattino, durante il tragitto ci avevano raccomandato i superiori nostri, che era assolutamente proibito di parlare e l'accendere sigarette e sigari, ci avrebbe visto subito il nemico , e accorgendosi di una colonna in marcia ci avrebbe fulminato, perché a breve distanza.»
Infine quando egli racconta del 30 giugno 1915 mentre si combatte intorno a quota 383 nei pressi del fiume Isonzo, e un colonnello chiede di organizzare i primi soccorsi il più vicino possibile alle truppe:
«Il posto di medicazione fu messo in una baracca a pochi metri dalle trincee, spesso riuscivano a piantarsi delle pallottole nella tettoia della baracca, i proiettili di cannone ci passavano sopra, e andavano a cascare nell'Isonzo. Non si poteva uscire tanto tranquillamente perché visti dal nemico, per fare i propri bisogni bisognava fare con astuzia, aspettare magari di notte per non essere colpiti, cose che chi non vede non crede, durante il giorno vi erano sempre dei feriti e qualche morto, perché le nostre trincee erano poco profonde e appena il nemico vedeva una piccola mossa era una ben diretta fucilata, che se non lo ammazzava lo feriva
grande guerra


news pubblicata il mar 03 mar 15